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Circolo di Malnate
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21 Agosto 2009

CONTRIBUTO AL DIBATTITO CONGRESSUALE DEL P.D. ..................................................................................................................................... Mariuccio Bianchi

Le osservazioni seguenti hanno lo scopo di offrire un contributo al dibattito congressuale del partito, al di là dello schieramento di ciascuno di noi con un candidato o l’altro alla segreteria nazionale.
Mi pare che le tre mozioni in larga misura si equivalgano (e ciò non è un male, considerando che si tratta di una competizione all’interno dello stesso partito), ma che, a parte alcuni temi, siano qua e là fin troppe generiche e, quindi, meritevoli, di un approfondimento; mi pare anche che spunti contenuti in una mozione  possono servire ad integrare spunti carenti dell’altra.
Chi scrive, affida l’approfondimento ai rappresentanti delle tre mozioni, nella speranza che il Partito Democratico, durante e soprattutto alla fine della fase congressuale sia percepito, a partire dal nuovo segretario, dall’opinione pubblica come “qualcosa di serio e di credibile” (dall’intervista a Roberto Vecchioni, riportato dall’Unità il 18 agosto).
Nel lavoro si è proceduto per aree tematiche, scegliendo una decina di temi (senza presunzione di completezza; ad es. non ho approfondito un tema essenziale quale quello della scuola e della ricerca) e si è svolto un esame di tipo comparativo.
Ho inoltre tralasciato quello che possiamo chiamare la forma partito, dove le proposte (e le differenze) tra la mozione Franceschini e la mozione Bersani sono chiare e precise.
Personalmente mi pare più convincente ed efficace la proposta di Bersani, che affida agli iscritti la scelta dei gruppi dirigenti ai vari livelli del partito, riservando alle primarie ed agli elettori la scelta dei candidati alle cariche istituzionali

CRISI

Sulla crisi tutte le mozioni concordano sulle cause, quali la diseguale distribuzione del reddito (aspetto macroeconomico) e la speculazione finanziaria (aspetto microeconomico). Vi è pure concordanza sulle ricette per uscire dalla crisi: il rilancio della crescita economica in un contesto di sviluppo sostenibile. Vi sono anche indicazioni concrete: Piano europeo per il lavoro (Bersani), Consorzio energetico tra i Paesi del Mediterraneo (Marino).
Si accenna anche al ruolo politico dell’Europa, ma in termini troppo generici.
A mio parere occorrerebbe essere più precisi: 1. l’Europa può avere un peso reale solo se si supererà l’attuale deficit democratico delle istituzioni europee, individuando gli organismi cui conferire, in sede legislativa ed esecutiva, effettivi poteri sopranazionali; attualmente le istituzioni europee sono pressoché paralizzate dalla problematicità dei rapporti tra organi sovranazionali(Parlamento e Commissione) e organi intergovernativi (Consiglio dei ministri e Consiglio europeo).
2. A proposito di sviluppo, mi pare poi che accanto alla riflessione sullo sviluppo sostenibile sarebbe auspicabile un esame di quello che l’economista francese S. Latouche chiama la decrescita serena: Latouche parla non solo di diversificazione della produzione e dei consumi su scala globale, ma addirittura con il termine decrescita o acrescita svolge una critica culturale ed ecologica serrata dell’attuale economia, poiché le risorse della terra non sono illimitate (non dimentichiamo che le previsioni di popolazione mondiale al 2050, se ricordo bene,sono di circa 11-12 miliardi di abitanti sul pianeta terra).

AMBIENTE.

Tutti parlano più o meno di greeneconomy o di greensociety e quindi di una scelta a favore di nuove produzioni e consumi, in particolare a partire da quelli energetici (in realtà si potrebbe parlare di bioeconomy, cioè di economia in linea con le possibilità della biosfera, secondo il discorso accennato nel capitolo precedente in riferimento allo studio dell’economista Latouche).
Tutte le mozioni riconoscono l’importanza delle fonti di energia rinnovabile.
Solo Franceschini dichiara il proprio no al nucleare.
Su questo, cari amici e compagni, dobbiamo essere chiari per evitare il frequente balletto, al nostro interno, di poca chiarezza o di voci contrastanti. Non siamo in presenza di temi eticamente sensibili su cui l’obiezione di coscienza può essere legittima. Qui dobbiamo fare una scelta precisa. Personalmente ritengo che il nucleare, oltre ai rischi, sia –mi riferisco ai reattori di terza generazione- una opzione costosissima in termini economici e arretrata.

LAICITA’.

Le mozioni contengono tutte spunti interessanti, sia di carattere generale che particolare (testamento biologico, unioni civili). Gli spunti andrebbero unificati.
Per Marino la laicità è il secondo punto o “luogo” di rilevanza di principio; e’ un metodo di confronto tra ragioni anche opposte, con un vincolo per tutti a decisione presa.
Bersani parla di “laicità positiva” ( il termine francamente non mi piace, poiché riprende un lessico proprio dei teocon o degli atei devoti), che “non significa indifferenza di fronte alle diverse culture e convinzioni morali e religiose” (Bersani dovrebbe precisare che intende dire, poiché tra l’indifferenza –anche l’enciclica papale parla in termini negativi di eclettismo e di appiattimento culturale- ed il fondamentalismo culturale-morale-religioso ci può  e deve essere una terza via che definirei di contaminazione positiva. Del resto che è l’integrazione se non  un confronto, anche serrato tra diverse culture, ma al fine di realizzare un a sintesi superiore?Certo Bersani pone un importante punto fermo nell’affermare che gli unici principi non negoziabili sono quelli della Costituzione.
Franceschini è più succinto, ma mi pare sia altrettanto convincente quando afferma:”nessuna legge potrà mai essere l’automatica traduzione di un valore religioso”.
Sui temi più propriamente etici solo Franceschini accenna alla possibilità di obiezione di coscienza “rispetteremo chi non si sentirà di condividere la posizione del partito”. Naturalmente ciò non deve impedire, anche per Franceschini, la ricerca di una sintesi e di una proposta maggioritaria.
 all’interno del partito.

LAVORO.

Anche qui una positiva sintesi tra le tre mozioni è possibile. Tutti d’accordo che occorre ridare centralità al lavoro ed al lavoratore (cfr.anche enciclica cui tutti si richiamano).Tutti fanno anche proposte concrete che andrebbero riprese. Ad es. Marino fa propria con decisione la proposta di Tito Boeri del contratto unico a tempo indeterminato, peraltro non accolta con entusiasmo dai sindacati, CISL in particolare; Bersani si limita a parlare di salario minimo garantito. Tutti parlano di morti bianche e di sicurezza sul lavoro  in termini generici (i provvedimenti del governo sono accettabili o no?).Emergono, ora nell’uno ora nell’altro, indicazioni concrete e condivisibili
(reddito di solidarietà, flessibilità e non precarietà), alcune delle quali legati alla situazione di crisi: assegno di disoccupazione, credito a piccole/medie imprese, ecc.
Franceschini sottolinea non solo la necessità di uno sforzo comune di imprenditori e lavoratori per uscire dalla crisi, ma fa proprio un tema caro a parte del mondo sindacale italiano che anche “ i  lavoratori devono partecipare alle scelte delle imprese” (comitati di gestione o comitati di sorveglianza?). Un altro tema da riprendere è quello della contrattazione di secondo livello, stabilita con l’accordo sindacale di gennaio (CGIL esclusa). Senza entrare nel merito della divisione tra le confederazioni, una parola chiara va detta: la contrattazione di secondo livello, non solo aziendale peraltro, è il modo corretto di rispondere alle gabbie salariali della lega.
Personalmente metterei a fuoco alcuni aspetti di riflessione: - il contratto unico per cercare di coniugare flessibilità,  occupazione e garanzie minime per tutti così da  superare l’attuale, ingiusta e antieconomica (scrive Boeri) frammentazione di figure lavorative; -la riforma dei salari allo scopo di legare i salari alla produttività;- la riforma degli ammortizzatori sociali; - la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende. Naturalmente si tratta di questioni da affidare in primo luogo alla contrattazione delle parti sociali, non da fissare centralisticamente con leggi.

FEDERALISMO.

Mi pare uno dei punti più carenti.
Bersani ne parla in termini di federalismo responsabile e solidale e-genericamente- di riforma delle autonomie locali; parla di sussidiarietà orizzontale. Franceschini accenna al federalismo solo a proposito della forma partito “partito nazionale e federale”. Marino addirittura mi pare non ne parli.
Allora: visto che il Parlamento ha approvato una scatola vuota, dobbiamo chiederci qualcosa in merito ai costi, nonché sul ruolo delle Province (sappiamo che per mettere mano alle province occorre mettere mano alla Costituzione, ma mi sembra che nel contesto di una riforma profonda dello stato, il problema non si possa eludere).
Un altro nodo: federalismo fiscale ci può stare, ma stiamo attenti che dai provvedimenti attuativi non scaturisca un federalismo anche istituzionale così differenziato tra regione e regione da far temere mini stati regionali (magari con bandiere ed inni) o un semplice e pasticciato federalismo all’italiana.

STATO SOCIALE

E  smettiamola, se possibile, di chiamarlo welfare (meglio l’inglese ad ogni modo del dialetto).
Tutti ne parlano ampiamente ed in termini condivisibili: si dice di fare dello stato sociale uno strumento universale, di universalità del diritto alla salute, di moderna rete di sicurezza in cui giochi un ruolo preciso l’alleanza tra stato, privati e terzo settore.
Nessuna mozione però affronta il nodo di fondo: occorre cambiare o no il nostro modello di stato sociale, in gran parte pensato in una fase storica, quella fordista, che oggi non esiste più?
Avviando la riflessione osservo: lo stato sociale, la cui esistenza va assolutamente difesa, deve tendere a soddisfare bisogni sempre più differenziati, non più modellabili sull’operaio/impiegato massa di un tempo; in altri termini fornire beni o servizi in maniera indifferenziata rischia di sciupare soldi e lasciare insoddisfatta la gente (ricordiamo don Milani che diceva come trattare in modo uguale i diversi sia il massimo dell’ingiustizia). Per esemplificare in modo estremo: un moderno stato sociale deve intervenire sulle abilità che le persone hanno per uscire dalla condizione di bisogno più che migliorare tout court le condizioni di vita (ovviamente un discorso a parte meritano gli anziani).
A proposito di questi ultimi, Marino dice una cosa interessante: a fronte dell’aumento graduale dell’età pensionabile delle donne, i risparmi non devono rimanere genericamente nel campo del sociale, né- come ad es. auspicano i sindacati confederali - incrementare  soprattutto il fondo dei non autosufficienti, ma occorre destinarli in servizi quali asili nido o scuole dell’infanzia, proprio per fronteggiare la minore disponibilità delle nonne ultrasessantenni.
Vorrei concludere invitando il partito a vigilare poi perché a qualcuno della destra non venga in mente che, per uscire dalla crisi, si debba tagliare indiscriminatamente in questo settore (già lo ha fatto la Gelmini nella scuola):se i costi dello stato sociale sono un investimento socialee non una spesa assistenziale o clientelare, il problema è razionalizzare ed eliminare gli sprechi, riqualificarlo con l’aiuto del terzo settore, secondo uno schema di collaborazione virtuosa pubblico-privato sociale, non intervenire con l’accetta.

FISCO

Si parla di un nuovo patto di fedeltà fiscale (Bersani e Franceschini), in cui recuperare tra l’altro la tracciabilità eliminata dal governo Berlusconi.Troppo poco. Innanzitutto patto fiscale tra chi?Martina, candidato alla segreteria della Lombardia per la mozione Bersani, dice tra imprese e stato; io aggiungerei tra imprese-stato-lavoratori.
Inviterei inoltre tutti a considerare, come strumento per combattere l’evasione/elusione, il conflitto di interesse tra noi ed i nostri fornitori (come si fa già per i medici), in modo da rendere conveniente per noi, oltre che civicamente corretto, esigere la fattura per ogni prestazione.
Altro punto potrebbe essere quello di estendere la progressività fiscale sulle addizionali all’Irpef regionali e comunali (il criterio della progressività è previsto dall’art.53 della Costituzione)
Ancora, per concludere: elevazione della quota di esenzione Irpef per lavoratori e pensionati.

SICUREZZA

Giustizia e sicurezza (no alle ronde)sono due facce della stessa medaglia per Marino.
Bersani parla di sicurezza e legalità per tutti (non solo per gli extracomunitari). Franceschini parla di sicurezza-accoglienza e integrazione .
Mi pare che qui, dobbiamo marcare nettamente il nostro discrimine con la Lega di Bossi: noi dobbiamo affermare con forza che la sicurezza dei cittadini per noi è fondamentale, ma che si realizza in primo luogo con rafforzare numero e mezzi delle forze dell’ordine, non con  le ronde (al
più si potrebbe chiedere alla Protezione civile di girare qualche ora per le vie delle nostre città); inoltre dobbiamo gridare che il reato di clandestinità è qualcosa di aberrante. Per noi sicurezza e integrazione non possono essere disgiunti. Sul fronte dell’ integrazione occorre accostare e conoscere tutto il lavoro che associazioni di volontariato, cattoliche e laiche, da tempo svolgono spesso in maniera misconosciuta.

CONFLITTO DI INTERESSE

Breve accenno di Bersani a pag.10;altrettanto breve accenno di Franceschini a pag.5. Vi dedica spazio Marino a pag.17, entrando nel merito delle recenti norme televisive e accennando a proposte interessanti sulle nuove tecnologie (uso della banda larga).
Qui, però, c’è poco da dire di nuovo, se non comunicare agli elettori se vogliamo mettere mano o meno ad un’abnormità che non esiste in nessun altro Paese dell’Occidente. Si tenga però presente che per buona parte degli Italiani il conflitto d’interesse di Berlusconi o non esiste o non è diverso da altri conflitti d’interesse.

MERITOCRAZIA

Ne parlano tutti. Marino in riferimento soprattutto alle aziende pubbliche (RAI, ospedali). Franceschini lega la parola merito a quella di uguaglianza delle opportunità per tutti (giovani, donne, lavoratori, pensionati). Bersani lo lega alla responsabilità ed alle liberalizzazioni delle professioni, dei servizi, ecc. Il merito va affermato nello spazio dell’attività economica, privata e pubblica.
Non sarà possibile, a mio parere, fare significativi passi in tale direzione se non attraverso un patto leale, di dare ed avere, tra governo, imprenditori pubblici/privati, organizzazioni sindacali.

ALLEANZE

Dobbiamo discutere a fondo, anche per evitare quell’immagine di maionese impazzita che attualmente il partito dà: c’è chi strizza l’occhio alla Lega, specialmente in Lombardia e nel Varesotto; c’è chi strizza l’occhio a Forza Italia nel Veneto in funzione antileghista; c’è chi guarda all’U.D.C. e chi guarda alla frammentata area alla nostra sinistra. Mi pare che ce ne sia abbastanza per tentare di fare chiarezza.
Lasciamo perdere Lega o Forza Italia, con le quali, semmai, si potranno tentare accordi sulle regole e su qualche riforma istituzionale (federalismo, province, ecc.); il problema è con chi cercare di allearci per vincere, sia pure in un contesto bipolare (non bipartitico, ma con la prevalenza di un partito all’interno di ciascun blocco). Gli accordi variabili valgono, a mio parere, per elezioni amministrative-comunali o provinciali-. A livello regionale- ed a maggior ragione nazionale- si deve tendere ad un alleanza generalizzata. E qui le cose si complicano.
 Non ho certezze, ma dobbiamo tentare di chiarirci: escluderei accordi con il mondo frammentato dell’estrema sinistra, di cui però non vanno trascurate le esigenze ed i bisogni che la sinistra ancora rappresenta; rimangono Casini o Di Pietro. Posto che l’uno è irriducibile all’altro, verificherei a tempi brevi la possibilità di un’alleanza generale per regionali e oltre con l’U.D.C., dove peraltro il richiamo delle sirene della destra per molti sarà irresistibile, allargando ciò che è stato fatto a livello locale nell’ultima tornata di consultazioni amministrative. Se non sarà possibile, non potremo che ripiegare-turandoci il naso- sull’alleanza con Di Pietro.
Deve esserci chiara una cosa ovviamente: l’alleanza con l’U.D.C. comporterà o potrebbe comportare la rinuncia a certi temi etici, quali il testamento biologico, la ricerca sulle staminali, le unioni civili. Alleandoci con Di Pietro, non so a che rinunceremmo, salvo che estremizzeremmo, anche nei toni, certe scelte.
Ci sarebbero anche i radicali: il mondo cattolico non li ama molto; l’importante, se tratteremo ancora con loro, non dare l’impressione di subire troppo il loro radicalismo appunto; per il resto i radicali sono tanto di qua, quanto di là (uno di loro, Capezzone, è addirittura il portavoce del P.D.L.).

................................................................................................................................ Mariuccio Bianchi – Malnate -

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